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Fotorecettori (coni e bastoncelli della retina)

Cosa sono?

I fotorecettori sono cellule nervose sensibili alla luce: si trovano sulla retina e sono altamente specializzati. Sono contenuti nello strato retinico più profondo, aI fotorecettori si distinguono in bastoncelli (a sinistra) e coni (a destra)Fonte: Summagallicana) contatto con l’epitelio pigmentato.

Quali sono?

Esistono due tipi di fotorecettori: i coni e i bastoncelli.

I primi sono localizzati nella parte centrale della retina (fovea) e sono deputati alla percezione dei colori (funzione fotopica) e alla visione distinta. Esistono tre tipi di coni, rispettivamente per il rosso, il verde e il blu; mediamente sono 6,3-6,4 milioni.

I bastoncelli, invece, si concentrano nella zona periferica della retina, sono assai più numerosi (mediamente 120 milioni) e intervengono nella visione notturna (funzione scotopica). Questi ultimi, infatti, sono più sensibili: basta un solo fotone per attivarli, mentre per attivare i coni ce ne vogliono almeno 100. Tuttavia in uno studio pubblicato all’inizio del 2014 [1] si sostiene che i coni accoppiati tra loro sono molto più sensibili: se sono appaiati si comportano in modo più simile ai bastoncelli.

Come si presentano?

I coni e i bastoncelli sono disposti perpendicolarmente alla superficie retinica. Per entrambi si può distinguere al microscopio una porzione esterna (articolo esterno) e una porzione interna (articolo interno). Essi si differenziano perché, per quanto riguarda i bastoncelli, il segmento esterno ha forma cilindrica e allungata, mentre quello dei coni è piramidale e più corto. Il segmento esterno contiene membrane specializzate in cui si trovano pigmenti fotosensibili. Nel segmento interno sono presenti il nucleo e i mitocondri cellulari, che producono nuove molecole di pigmento man mano che vengono scisse. I fotorecettori interagiscono, attraverso i collegamenti sinaptici (tipici delle cellule nervose), con le cellule bipolari.

Come funzionano?

I fotorecettori retinici sono deputati alla trasformazione dello stimolo luminoso in stimolo elettrico e alla sua trasmissione fino all’encefalo attraverso il nervo ottico. Infatti, i coni e i bastoncelli contengono pigmenti che, per effetto delle radiazioni luminose, subiscono trasformazioni biochimiche dalle quali si origina l’impulso nervoso. Tale impulso viene trasmesso alle cellule retiniche contigue (bipolari e ganglionari), i cui assoni costituiscono le fibre del nervo ottico, fino ad arrivare a centri specializzati della corteccia cerebrale (l’area visiva). Rosso, verde e blu (RGB) generano una luce bianca quando si sovrappongono

Come si percepiscono i colori e le forme?

La visione tricromatica (capacità dell’essere umano di vedere tre colori) è data dalla presenza nella retina dei coni dotati di pigmenti sensibili a tre differenti lunghezze d’onda. In essi, infatti, sono presenti tre tipi di proteine (opsine) che corrispondono rispettivamente ai colori blu, verde e rosso. La massima sensibilità dei coni sensibili al blu è di 440 nanometri, 540 nm per quelli che percepiscono il verde e 570 nm per i coni sensibili al rosso. Invece i bastoncelli consentono solamente la percezione in bianco e nero (scala di grigi).

Come avviene la visione notturna?

La visione notturna è conferita da un pigmento chiamato rodopsina presente nei bastoncelli. Tale proteina è inattivata dalla luce, ma si riforma in condizioni di oscurità. Infatti, quando si passa direttamente da una condizione di forte luce a una di buio è necessario aspettare un po’ (qualche secondo) prima di riuscire a vedere, proprio in attesaLa luce colpisce il centro della retina chiamato macula (Immagine: Lund University) che si riformi la rodopsina precedentemente inattivata dalle condizioni di luminosità.

Come si attivano i fotorecettori?

L’assorbimento della luce provoca una variazione tridimensionale della molecola (pigmento fotosensibile) che, a sua volta, causa un’iperpolarizzazione del potenziale di membrana del fotorecettore (il quale è alla base dell’attività della cellula nervosa [2]). Pertanto, a differenza di quanto accade per la maggior parte dei fotorecettori, che rispondono allo stimolo emettendo un segnale, i fotorecettori sono attivi in sua assenza.

Quali malattie possono colpirli?

Le patologie eredodegenerative, tipo la distrofia dei coni e dei bastoncelli, appartengono al gruppo delle retiniti pigmentose. Però, a differenza della classica retinite pigmentosa (dovuta ad una primitiva perdita dei bastoncelli seguita da quella dei coni), nelle distrofie dei coni e dei bastoncelli la degenerazione colpisce i due tipi di fotorecettori secondo un ordine inverso (prima i coni, poi i bastoncelli). Si tratta, comunque, di forme degenerative a carattere familiare la cui sintomatologia inizia, generalmente, nell’infanzia o nell’adolescenza, sebbene esistano varianti che si manifestano più tardivamente (ad esempio a partire dai 50 anni).

Cosa accade quando si danneggiano?

Se i coni non funzionano bene (ad esempio in caso di distrofia) si ha una ridotta acuità visiva, nistagmo (movimento involontario degli occhi), fotofobia (intolleranza alla luce) e poca o nessuna percezione dei colori. Nel caso della distrofia dei bastoncelli si ha una progressiva perdita della visione periferica fino alla cecità notturna.

 

Come si esegue la diagnosi?

La diagnosi si basa sulla storia clinica, sull’esame del fondo oculare sull’elettroretinogramma (ERG). All’esame del fondo oculare si osserva la presenza di depositi di pigmento sulla retina, soprattutto nella regione della macula. L’esame strumentale che permette di eseguire una diagnosi è l’ERG fotopico che, in caso di distrofia dei coni, risulta essere anormale; l’ERG scotopico è, invece, alterato o assente in caso di distrofia dei bastoncelli.

È possibile una diagnosi prenatale?

La diagnosi molecolare è prevista per alcuni geni. In ogni caso, la consulenza genetica è sempre indicata nel momento in cui ci sono altri casi in famiglia.

Si possono curare?

Al momento non esistono terapie in grado di curare definitivamente la distrofia dei coni o/e dei bastoncelli. La terapia ha, comunque, lo scopo di rallentare il processo degenerativo, trattare le eventuali complicanze e aiutare i malati a far fronte all’impatto psico-sociale della cecità attraverso i centri di riabilitazione dotati di validi ausili (quali, ad esempio, filtri adatti, lenti protettive e ausili ingrandenti adatti alle singole attività).

 

[1Sabrina Asteriti, Claudia Gargini, Lorenzo Cangiano, “Mouse rods signal through gap junctions with cones”, eLIFE, 7 gennaio 2014

[2Il potenziale di membrana è dato dalla differenza tra il potenziale elettrico extracellulare e quello interno alla cellula, dovuta a una diversa concentrazione di ioni.

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
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Pagina pubblicata il 1 aprile 2010. Ultimo aggiornamento: 4 aprile 2018.

Ultima revisione scientifica: 1 agosto 2016.

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