Uno studio australiano mostra che le prestazioni di guida dei pazienti migliorano significativamente dopo l’intervento chirurgico, rendendo più sicura la guida nel 48% dei casi.
Nello studio [1] di alcuni ricercatori australiani, che hanno utilizzato un simulatore di guida per testare la vista dei pazienti prima e dopo intervento chirurgico per cataratta, emerge un dato abbastanza netto: le situazioni al limite e gli incidenti stradali sono diminuiti del 48% dopo l’operazione. Lo studio è stato presentato a San Francisco al Congresso dell’American Academy of Ophthalmology.
Il Dott. Jonathon e i colleghi dell’Università
dell’Australia Occidentale hanno testato le prestazioni di guida di 55 pazienti
candidati all’intervento per cataratta. Il simulatore di guida ha preso in
esame alcune variabili: i limiti di velocità regolati, la densità del traffico,
gli incroci non controllati e gli attraversamenti pedonali. I pazienti sono
stati sottoposti al test prima e dopo l’intervento sia al primo che al secondo occhio
(in genere viene operato prima quello che presenta la cataratta più ‘densa’). Dopo la prima operazione, è stato
dimostrato che gli incidenti stradali ed il verificarsi di situazioni limite sono
diminuiti del 35%, mentre dopo il secondo intervento il loro numero è sceso ancora
di più, arrivando ad una riduzione del 48%.
Secondo gli autori dello studio, l’acuità visiva
misurata con le tavole optometriche rappresenta un esame importante per
definire l’idoneità alla guida di una persona, ma restituisce una valutazione che
risulta incompleta. Questi risultati
dimostrano, invece, come la chirurgia in questo caso risulti fondamentale per
ottenere sia una migliore sensibilità al contrasto che una migliore visione
notturna: fattori che, insieme, migliorano il livello complessivo di sicurezza
del conducente su strada.
[1] Agramunt
S., Meuleners L. B., Fraser M. L., Chow K. C., Q. Ng. Jonathon, Raja V., First and second eye cataract surgery and
driver self-regulation among older drivers with bilateral cataract: a
prospective cohort study, in “BMC Geriatrics”, n. 18, Issue 1, 2018.
La campagna IAPB Italia onlus per gli over 40 nelle città della Penisola con un Tir ad alta tecnologia. Un tour che durerà fino al 2021.
La campagna di prevenzione per le malattie della retina e del nervo ottico è arrivata in Abruzzo.
Nel tir super-tecnologico di IAPB Italia i cittadini con più di 40 anni potranno farsi visitare gratuitamente nei 100 metri quadrati e quattro laboratori disponibili nella postazione diagnostica mobile. Oggi le visite erano a Teramo dove rimarranno fino al 24 ottobre prima di spostarsi a l’Aquila (25-27), ultima tappa nella Regione. L’iniziativa girerà tutta l’Italia ed è già prevista fino al 2021. Qui le date nelle prossime città.
La grande struttura ambulatoriale su ruote è
dotata di 4 postazioni diagnostiche con oltre 100 metri quadrati di spazio nei
quali sarà possibile effettuare
gratuitamente diagnosi precoci e controlli ad alta tecnologia per
prevenire il rischio di cecità. Gli esami previsti sono finalizzati
all’individuazione precoce delle principali malattie della retina e del nervo
ottico.
PERCHÉ FARSI VISITARE Glaucoma, retinopatia diabetica e maculopatie rappresentano un insieme di patologie che, complessivamente, riguardano oltre 3 milioni di italiani. Si tratta di malattie che possono provocare cecità e che sono destinate ad aumentare in incidenza man mano che la popolazione invecchia. Le malattie della retina e del nervo ottico, inoltre, sono spesso asintomatiche negli stadi iniziali, mentre diventano molto difficili da curare una volta manifestatesi pienamente. Si tratta, infatti, di malattie che danneggiano i tessuti nervosi. Per questo i danni, una volta fatti, non possono essere riparati. Ecco perché diventeranno sempre più importanti le diagnosi precoci. Ecco cosa ha spinto l’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia Onlus a lanciare una grande iniziativa di prevenzione.
Prevenire e affrontare la maculopatia senile: un incontro dedicato alla prima causa di cecità nei paesi industrializzati.
Fare il punto sulla prevenzione e
il trattamento della maculopatia senile: è stato questo l’orizzonte del
confronto organizzato dalla casa farmaceutica Novartis che ha coinvolto
IAPB Italia Onlus, Società Italiana di
Oftalmologia e l’Università di Roma Tor Vergata.
La maculopatia senile umida (o essudativa) – malattia degenerativa e cronica che provoca un danno progressivo alla retina – è la principale causa prevedibile di grave perdita della vista e cecità [1] negli adulti over 65 con un impatto stimato in 20-25 milioni di persone in tutto il mondo [2]: un numero che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è destinato a crescere sia per la condizione degli attuali pazienti, che per l’allungamento dell’aspettativa di vita.
L’esperienza della maculopatia può
essere drammatica e angosciante, come ha raccontato con la propria voce una
paziente – pittrice di professione – che perse completamente la visione
centrale dell’occhio all’inizio del 2000, quando lo sviluppo dei farmaci non
aveva raggiunto il livello odierno. Non avvenne così dieci anni dopo quando, avvertendo
gli stessi sintomi all’occhio destro – “un colpo forte dentro l’occhio” – la
signora corse a farsi visitare e ricevette il trattamento per tempo. Poche
sedute dopo l’occhio era guarito.
Cioè che si può apprendere da
questa esperienza non è solo l’importanza della farmacopea, ma anche del
comportamento individuale. Sta alle persone farsi visitare per farsi
diagnosticare in tempo. Ed è molto importante farsi visitare ancora prima che
si manifestino dei sintomi.
“La salute dell’occhio è sottovalutata – ha detto, infatti, Tiziano Melchiorre, Segretario Generale IAPB Italia Onlus – così come lo sono le patologie oculari croniche, degenerative, che portano a cecità e il peso sociale ad esse correlato, che comporta riduzione della mobilità e dell’autonomia individuale, il rischio di incidenti e l’aumento di casi di depressione. È necessario informare le persone, accelerare l’iter diagnostico e favorire l’accesso alle terapie, al fine di prevenire la cecità e limitare quanto possibile il dramma della disabilità visiva. Inoltre, è importante aumentare la consapevolezza tra i pazienti e i loro familiari sulla progressione di malattie, come la degenerazione maculare senile, ricordare l’importanza dell’aderenza e persistenza ai trattamenti prescritti dagli specialisti e favorire l’accesso ai servizi della riabilitazione visiva”.
“La diagnosi della maculopatia deve essere precoce perché da questa patologia purtroppo non si guarisce – ha rimarcato il Dottor Matteo Piovella, Presidente SOI Società Oftalmologica Italiana. Le strategie terapeutiche tempestive comprendono il controllo del fluido patologico in modo da impedire il danneggiamento di altri fotorecettori, oltre a quelli già compromessi, mantenendo quindi lo status quo in termini di vista. In caso di successo parliamo quindi di “controllo” della malattia e al paziente deve essere spiegato con attenzione il rischio di progressione della stessa per sensibilizzarlo sull’importanza del mantenimento nel tempo della terapia. In Italia ben il 70% della popolazione non riceve o riceve in maniera parziale la terapia, vanificandone il risultato curativo. Le cause sono molteplici, alcune sociali, come la scarsa consapevolezza della malattia da parte del paziente; altre sono strutturali e organizzative, come la troppa burocrazia e le poche risorse a disposizione delle strutture sanitarie”.
“È importante trattare non solo i sintomi, ma anche la causa sottostante della malattia, caratterizzata da danni alla retina dovuti alla presenza di fluidi retinici che fuoriescono da vasi sanguigni anomali nella parte posteriore dell’occhio – dice il Professor Federico Ricci, Direttore dell’Unità patologie croniche degenerative oftalmiche dell’Università di Roma Tor Vergata. Nell’armamentario terapeutico dell’oculista ci sono diverse classi e generazioni di farmaci; alcuni sono stati sintetizzati oltre 10 anni fa e altre sono molecole sviluppate in tempi recenti che, rispetto a quelle di prima generazione, hanno una superiore capacità di controllare il fluido retinico, richiedendo di conseguenza una minore frequenza iniettiva per mantenere la retina asciutta. È il caso di brolucizumab, un frammento di anticorpo umanizzato a singola catena, di piccole dimensioni, caratterizzato da un’ottima penetrazione tissutale e da un’elevata capacità di eliminare il liquido dalla retina, quindi il tessuto in condizioni di funzionamento ottimali. Brolucizumab è l’unico anti VEGF ad aver dimostrato la sua efficacia in studi registrativi per i pazienti eleggibili, con un intervallo di trattamento di tre mesi immediatamente dopo le tre dosi mensili di carico iniziali in circa il 50% dei casi. Il farmaco è stato infatti recentemente approvato dall’FDA con tale posologia, definita regime fisso, che permette inoltre una precisa programmazione della terapia nel tempo”.
[2] Chopdar A, et al. Age related macular degeneration.
BMJ. 2003;26(7387):485-4 –
Arnold
J, et al. The role of sub-retinal fluid in determining treatment outcomes in
patients with neovascular age-related macular degeneration–a phase IV
randomised clinical trial with ranibizumab: the FLUID study. BMC Ophthalmol. 2016;143(4):679-680.
Partirà in Abruzzo grazie a IAPB Italia e al Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia con l’idea di “spostare le immagini, non i malati”. L’annuncio dato durante la Campagna di visite gratuite nelle piazze delle città, che continuano a Pescara (19-21 ottobre), Teramo (22-24) e L’Aquila (25-27).
La campagna di prevenzione per le malattie della retina e del nervo ottico raggiunge l’Abruzzo. Nel tir super-tecnologico di IAPB Italia i cittadini con più di 40 anni potranno farsi visitare gratuitamente nei 100 metri quadrati e quattro laboratori disponibili nella postazione diagnostica mobile. Le visite gratuite iniziano oggi a Pescara (19-21 ottobre), per spostarsi a Teramo (22-24 ottobre) e L’Aquila (25-27). L’iniziativa girerà tutta l’Italia ed è già prevista fino al 2021. Qui le date nelle prossime città.
La conferenza per l’arrivo
della Campagna in Abruzzo è stata l’occasione per annunciare anche il primo
progetto di telemedicina oculistica in Italia che mette in rete le strutture di
diabetologia ed oftalmologia a livello regionale. In ogni centro diabetico
della regione Abruzzo si fotograferà il fondo dell’occhio. “Le foto verranno mandate
al Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia – ha spiegato il
direttore Leonardo Mastropasqua – e saremo in grado di fare
immediatamente una diagnosi permettendo di prendere subito in cura il paziente
e portando vantaggi per la Regione e le Asl in termini di spesa e riduzione
delle liste d’attesa”. È un progetto che mira “a spostare le immagini e non i
malati, avvicinandoci all’esempio della Gran Bretagna nella quale si riescono a
fare diagnosi sull’82% dei pazienti”.
“Un progetto di multidisciplinarietà che permetterà di
efficientare, risparmiare risorse economiche e portare risultati costantemente
controllabili” ha detto l’Assessore alla Salute della Regione Abruzzo,
Nicoletta Verì.
“Le immagini verranno trasmesse ad un reading center per un’analisi e per individuare tempestivamente le patologie oculari – ha spiegato durante la conferenza di presentazione il vicepresidente IAPB Italia Michele Corcio. Lo scopo di tutte queste iniziative, infatti, è diagnosticare per tempo le malattie che possono indurre cecità. Malattie come glaucoma, le maculopatie e retinopatie che sono particolarmente insidiose perché non danno sintomi negli stadi iniziali anche se danneggiano i tessuti nervosi dell’occhio. Malattie che sono gravissime se non curate ma, paradossalmente, sono trattabili con efficacia se diagnosticate tempestivamente. Per questo – ha concluso – bisogna farsi visitare con regolarità anche se non ci sono sintomi”.
Un riscontro è arrivato anche dal Parlamento con l’introduzione nella legge di stabilità 2019, di un primo sostegno alla campagna triennale di IAPB Italia. Il deputato e oculista Paolo Russo, presidente dell’Intergruppo parlamentare ‘Tutela della vista’, conferma che c’è bisogno “di un nuovo ‘new deal’ per la salvaguardia degli occhi. L’Italia è già un campione del mondo nell’oculistica. Dobbiamo diventarlo anche nella prevenzione. Il paradigma, perciò, deve cambiare: obiettivo non è non solo curare le malattie, ma far sì che non insorgano né abbiano la possibilità di svilupparsi”.
La combinazione di atropina e ortocheratologia si è dimostrata efficace sui bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni.
Uno studio[1]
della Jichi Medical University in
Giappone mostra come la combinazione di
due diversi trattamenti, utilizzati per rallentare la progressione della
miopia, ottenga risultati maggiori di quelli raggiunti singolarmente dalle due
cure. La ricerca, guidata dal Dott. Nozomi Kinoshita, è durata due anni ed è stata presentata al
123° Meeting annuale dell’American Academy of Ophthalmology, la più grande
associazione mondiale di oculisti e chirurghi. Lo studio ha rilevato come il
trattamento dei bambini con colliri e lenti a contatto sia più efficace dal 28
al 38% nel rallentare la miopia.
In generale la miopia non è una patologia oculare grave e gli occhiali e le
lenti a contatto possono fornire un trattamento efficace per la cura. Un’anomalia
refrattiva elevata, però, oltre le 6 diottrie, può condurre a patologie gravi, come
il glaucoma, il distacco o la degenerazione della retina, che possono causare
la cecità.
Per rallentare la progressione di
questa patologia oggi esistono due trattamenti. Il primo prevede l’utilizzo
quotidiano del collirio con atropina allo 0,01%. Secondo i ricercatori della Jichi Medical University l’atropina
è in grado di bloccare i recettori muscarinici nella retina, rallentando la
progressione della miopia. Il secondo è l’ortocheratologia
e prevede l’applicazione notturna di lenti a contatto rigide gas permeabili, che
rimodellano la cornea. Questo rimodellamento cambia il focus periferico
dell’occhio e rallenta la progressione della patologia.
Secondo i ricercatori giapponesi, guidati dal Dott. Nozomi Kinoshita, la
combinazione dei due trattamenti avrebbe un effetto sinergico. 80 bambini di
età compresa tra gli 8 e i 12 anni, che presentavano una gamma di miopia da 1 a
6 diottrie, sono stati divisi in due gruppi. Il primo ha ricevuto sia
ortocheratologia che atropina, mentre il secondo ha ricevuto solo
ortocheratologia. Nei bambini con miopia
più elevata, la combinazione dei due trattamenti è risultata più efficace del
28% rispetto alle sole lenti a contatto. Nei bambini con miopia inferiore,
invece, il trattamento combinato si è dimostrato più efficace del 38%.
La progressione della malattia può dunque essere ulteriormente ritardata
sottoponendo le persone ad entrambi i trattamenti: “Questa combinazione – ha
affermato il Dott. Kinoshita – può essere un’opzione di trattamento ottimale
perché, insieme, entrambe le terapie completano la debolezza dell’altra”.
[1]Kinoshita
N., Konno Y., Hamada N., Kanda Y., Shimmura-Tomita M., Kakehashi A., .Additive Effects of Orthokeratology and
Atropine 0.01% ophthalmic Solution for Slowing Axial Elongation in children
with myopia, in “Japanese Journal of Ophthalmology”, Vol. 62, Sep 2018, pp.
544–555.
Il primo rapporto OMS/WHO dice che 2.2 miliardi di persone sono ipovedenti o non vedono affatto. In almeno 1 miliardo si poteva prevenire o si potrebbe curare. Ma il rapporto dice anche che il rischio cresce invece di diminuire. Invecchiamento, povertà dei sistemi sanitari e aumento della popolazione non sono le uniche cause. Diabete, vita al chiuso, lavoro al computer e diagnosi tardive sono altre cause gravi dei problemi alla vista.
In vista della Giornata Mondiale della Vista l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS/WHO) ha rilasciato il suo primo rapporto sulla vista, secondo il quale almeno 2.2 miliardi di persone soffrono di un problema visivo. 1 miliardo di queste non ha ricevuto le cure che avrebbero potuto prevenirlo o non ricevono le cure che potrebbero curarlo.
Le cause di questi rischi per la
vista sono molte. E il dato allarmante è che stanno aumentando.
Una parte importante del problema
riguarda le risorse. Più povero è un Paese e minore è, tendenzialmente,
la capacità di rispondere al bisogno di salute visiva. “È inaccettabile che ci
siano 65 milioni di persone cieche quando la loro condizione potrebbe essere
risolta con un semplice intervento di cataratta o che 800 milioni di persone
facciano fatica ogni giorno perché non possono accedere ad un paio di
occhiali”, ha detto il direttore generale dell’Organizzazione Tedros Adhanom
Ghebreyesus.
Ma i problemi alla vista vanno
più in profondità e riguardano anche i paesi sviluppati.
L’invecchiamento della popolazione e l’incremento conseguente delle patologie
degenerative connesse all’età contribuisce ad aumentare il rischio cecità in
termini assoluti anche perché – come nel caso del glaucoma – si tratta di
malattie asintomatiche negli stadi iniziali. “Per questo – spiega Francesco Bandello, Direttore della Clinica Oculistica
dell’Università Vita-Salute-Istituto Scientifico San Raffaele di Milano e Presidente
del Comitato scientifico nazionale di IAPB Italia onlus – è importante
farsi visitare con regolarità e prima di avvertire un problema. I danni fatti
silenziosamente a retina e nervo ottico, non sono riparabili”.
Anche fattori ambientali e stili
di vita pesano in maniera crescente. La miopia aumenta perché aumenta il
tempo che si passa al chiuso. Passare più tempo all’aperto – dice
espressamente l’OMS – ridurrebbe il rischio. Anche lavorare
continuamente “da vicino” – ovvero, nella maggior parte dei casi, al computer –
affatica l’occhio e aumenta il rischio di miopia. “L’occhio umano – spiega Bandello
– è fatto per vedere oltre i tre metri e il continuo mettere a fuoco da vicino
lo stanca molto. Forse troppo”.
Infine, ma non certo ultima per
ordine di importanza, è la crescita del diabete di tipo 2 a livello
mondiale. È un dato importante per la vista perché praticamente tutte le
persone con diabete avranno qualche forma di retinopatia nella loro vita. Una
malattia che, se non diagnosticata e controllata per tempo, contribuirà ad
aumentare il numero di persone cieche e ipovedenti ancora di più.
IAPB Italia: “Cogliere l’opportunità delle visite gratuite”. Presso la Presidenza del Consiglio il focus su vista e inquinamento ambientale.
“GUARDA CHE È IMPORTANTE! Inquinamento ambientale e
salute visiva” è il titolo della conferenza stampa promossa dall’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della
Cecità – IAPB Italia onlus in occasione della Giornata Mondiale della Vista.
L’incontrosi è tenuto questa mattina, giovedì 10 ottobre,
presso la sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri a
partire dalle ore 10.
Il messaggio centrale è stato l’importanza di
farsi visitare da uno specialista in oftalmologia per diagnosticare
tempestivamente delle malattie che, se prese per tempo, possono essere curate,
ma che, se lasciate svilupparsi, rappresentano un forte pericolo dicecità:
glaucoma e retinopatia diabetica, che diventeranno sempre più diffuse man mano
che aumenta l’età media della popolazione.
GUARDA CHE IMPORTANTE! è, infatti, il richiamo
alle persone perché approfittino di diverse occasioni per farsi visitare
gratuitamente.
LaSocietà
Oftalmologica Italiana (SOI)è stata al a fianco di IAPB Italia onlusegli oculisti italiani hanno messo a disposizione in tutto il Paese
30.000 visite gratuite per chi non ha mai effettuato i necessari controlli
specialistici. È sufficiente collegarsi al sitowww.giornatamondialedellavista.it per riservare un appuntamento, chiamando
direttamente lo specialista più vicino indicato nella mappa. A settembre 2019, inoltre è partita la campagna di prevenzione delle malattie
della retina e del nervo ottico. Un ambulatorio su ruote di IAPB Italia ad
altra tecnologia raggiungerà le principali città italiane di tutte le Regioni
da qui al 2021. Prossima tappa l’Abruzzo tra il 19e il 27 ottobre. Scopri
dove
Per Giuseppe
Castronovo, presidente di IAPB Italia onlus “il sogno è far sì che non ci siano
più ciechi e ipovedenti e si tratta di un sogno
che passa per una parola sola: prevenzione. IAPB Italia ha fatto molto e
continuerà a fare molto per sensibilizzare
le persone. La vista è un dono troppo importante per darlo per scontato.
Bisogna averne cura, bisogna farsi visitare
con regolarità prima di sentire dei sintomi”.
“Ogni
anno – gli ha fatto eco durante la conferenza il presidente della SOI Matteo Piovella – più di 7 mila oculisti salvano la vista a 1
milione e 700mila persone”. Un risultato che indica sia il livello di qualità dell’oculistica
italiana sia la fragilità degli occhi e il bisogno di costante attenzione da
dedicare alla vista. “L’occhio – prosegue, infatti, Piovella – è l’organo più debole e a 40 anni diventa vecchio. È un tema importante,
riguarda tutta la popolazione e bisogna continuare a parlarne dicendo che i problemi alla vista non sono un
ricordo, non fanno parte del passato. La cecità, al contrario aumenterà se
le persone non si assumono la responsabilità di aver cura dei propri occhi”.
Due, infine, le tavole rotonde a conclusione
dell’incontro – “L’inquinamento
ambientale e gli effetti sulla salute generale ed oculare” e “Proteggere la
vista dall’ambiente inquinato” – nelle quali si sono conforntati rappresentanti
del Ministero della Salute, esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
ricercatori dell’Istituto Superiore della Sanità e molti autorevoli oculisti e
specialisti della medicina del lavoro delle università italiane.
Per un gruppo di ricercatori della Bristol Medical School l’alimentazione sana risulta fondamentale per la salute del nervo ottico: lo dimostra il caso di un giovane adolescente rimasto cieco.
Un caso limite che giunge dall’Inghilterra mette in risalto
la relazione tra la salute della vista e
corretto stile alimentare. È successo a Bristol, dove un
giovane ha sviluppato la cecità dopo anni di carenza di nutrienti fondamentali,
in particolare della vitamina B12. Lo studio, pubblicato su “Annals of Internal Medicine”[1], ha
collegato la condizione dell’adolescente alla neuropatia ottica nutrizionale:
una condizione reversibile solo se presa per tempo. Se la patologia non viene
rilevata può recare danni strutturali
permanenti al nervo fino a condurre alla cecità.
Il
caso clinico in questione, esaminato dagli scienziati clinici della Bristol Medical School e del Bristol Eye Hospital, è quello di un
ragazzo di 14 anni recatosi dal proprio medico di base per una sindrome da
stanchezza. La neuropatia ottica nutrizionale, che non è stata diagnosticata
per via di un indice corporeo e un’altezza nella norma, si è sviluppata
“silenziosamente”: il legame tra lo stato nutrizionale e la salute visiva è
stato rilevato solo molto tempo dopo, quando il deficit visivo del ragazzo era
già diventato permanente.
Il
giovane dall’inizio della scuola secondaria, aveva consumato una dieta di
patatine, pane bianco e carne di maiale, ma per il resto stava bene e non
assumeva farmaci. I test iniziali hanno rilevato un’anemia macrocitica e un
basso livello di vitamina B12, che sono stati trattati con iniezioni di
vitamina B12 e consigli dietetici. Un anno dopo la prima visita, il paziente
aveva già sviluppato i sintomi della perdita della vista e dell’udito senza che
venisse rilevata alcuna causa, fino ad arrivare alla cecità all’età di 17 anni.
Dopo aver analizzato la nutrizione del paziente, i test
successivi eseguiti dal team di ricercatori guidato dalla Dottoressa Denize Atan, docente in Oftalmologia presso la Bristol Medical School e responsabile clinico di
Neuro-oftalmologia presso il Bristol Eye Hospital, hanno rilevato una carenza di vitamina
B12, bassi livelli di rame e selenio, un alto livello di zinco e una marcata
riduzione dei livelli di vitamina D e della densità minerale ossea. I ricercatori hanno così concluso che la dieta del
“cibo spazzatura” del paziente e l’assunzione limitata di vitamine e
minerali nutrizionali hanno provocato l’insorgere della neuropatia ottica
nutrizionale.
Gli
stessi ricercatori hanno poi sottolineato quanto tale condizione possa
diventare sempre più diffusa in futuro, dato il consumo di “junk
food” a scapito di alimenti più nutrienti e la crescente diffusione
dell’alimentazione vegana. Questo caso evidenzia così l’impatto della dieta
sulla salute visiva, dimostrando quanto l’apporto calorico e l’indice di massa
corporea non siano indicatori affidabili per la valutazione dello stato
nutrizionale. I ricercatori raccomandano, dunque, di considerare la
neuropatia ottica nutrizionale in tutti i pazienti con sintomi visivi inspiegabili
che seguano una cattiva alimentazione, al fine di evitare la perdita permanente
della vista. La storia dietetica, inoltre, dovrebbe far parte di qualsiasi
esame clinico di routine, per evitare di ritardare la diagnosi della patologia
e trattare per tempo le carenze nutrizionali.
È avvenuta tra Londra e Edimburgo: chi si visitava era ad una capo
della connessione 5G; l’oculista era lontano 650 km e riceveva le immagini in
4K. L’esperimento è il primo del suo genere e
apre concretamente le porte alla tele-oftalmologia.
Avere abbastanza connessione per
trasmettere immagini in altissima risoluzione e permettendo ad un medico di
visitare un paziente, anche se non è fisicamente presente. Questo è uno degli
aspetti della Telemedicina: quello che promette di cambiare molto nelle
abitudini delle persone, soprattutto se anziane e con difficoltà a muoversi, oppure
nel caso di malattie rare con pochi specialisti e diversi pazienti sparsi per
il globo. Oggi, un futuro dove sia il
medico a raggiungere virtualmente il paziente è più vicino.
Si è tenuta, infatti, la prima
visita oculistica in streaming al mondo, trasmessa in 4K e con tecnologia 5G
tra Londra e Edimburgo.
Nel dettaglio Peter Thomas, consulente oculistico e
direttore dell’innovazione digitale presso il Moorfields Eye Hospital, ha
utilizzato uno smartphone connesso al 5G per inviare l’immagine del suo occhio
al collega Iain Livingstone che si
trovava 650 chilometri più a Nord.
“Questo approccio – ha spiegato la direzione sanitaria del dipartimento della Forth Valley (NHS) [1] – promette numerosi benefici per i pazienti. Tra questi, la possibilità di risparmiarsi il viaggio in ospedale e poter essere visitati da uno specialista distante anche presso l’optometrista o nel dipartimento di emergenza locali. La stessa piattaforma può aumentare la possibilità di accesso ai medici specializzati in malattie rare o favorire la visita anche in paesi con poche risorse, perché l’equipaggiamento necessario si riduce ad una buona connessione internet e poco altro”.
Per il già citato Thomas “questa
dimostrazione rappresenta una svolta
nella tele-oftalmologia perché abbiamo dimostrato di poter inviare immagini
ad altissima definizioni utilizzando strumenti già ora ampiamenti disponibili”.
Ovviamente, al momento solo una
parte dei controlli di una visita oculistica può essere svolta da remoto e ci
sono ancora diversi passaggi da risolvere, sia amministrativi che tecnici,
perché le visite in tele-oftalmologia diventino un fenomeno diffuso e abituale.
La prima visita oculistica in streaming, però, ha dimostrato che non sono
neppure più collocabili in un remoto futuro, ma diventeranno, verosimilmente, sempre
più frequenti.
Uno studio inglese dell’Istituto di Medicina Genetica dell’Università di Newcastle rileva che i cheratociti corneali sopravvivono dopo la biostampa 3D. Un segno che fa ben sperare per lo sviluppo futuro di applicazioni cliniche.
Una ricerca non recentissima, ma comunque interessante, ha messo
in evidenza a maggio 2018 una scoperta rilevante per il trapianto di cornea,
che rappresenta uno dei principali trattamenti per i casi gravi di perdita della
funzione corneale. Attraverso lo studio[1] di Isaacson, Swioklo e Connon, pubblicato
su “Experimental Eye Research”, è stato stabilito che la biostampa 3D è un metodo
fattibile per progettare strutture corneali artificiali.
Lo sforzo è stato concentrato sui tessuti per produrre protesi
corneali funzionali e sintetiche da impiegare nei trapianti di cornea. Utilizzando un modello corneale umano digitale 3D esistente, i
ricercatori sono riusciti a fabbricare strutture corneali equivalenti alla
struttura dello stroma corneale umano nativo.
Queste strutture sono state biostampate in 3D tramite un
bio-inchiostro interno a base di collagene, contenente cheratociti corneali
incapsulati. I costrutti stampati erano
anatomicamente analoghi a un modello corneale umano derivato dai dati
topografici di una cornea umana adulta. Diverse combinazioni di bio-inchiostro
a bassa viscosità sono state testate prima dell’incorporazione delle celle. La
vitalità dei cheratociti corneali incapsulati è stata valutata da 1 a 7 giorni
dopo la stampa facendo emergere i seguenti risultati: i cheratociti hanno
mostrato un’elevata vitalità cellulare, sia al primo giorno post-stampa (>
90%) che al 7° giorno (83%).
Non esiste al momento
nessuna applicazione clinica ma lo studio fornisce una base perulteriori ricerche e rafforza
l’impressione che la biostampa 3D possa
rivelarsi un grande aiuto nella medicina del futuro.
[1]
Isaacson A., Swioklo S., Connon C.J, 3d bioprinting of a corneal stroma
equivalent, in “Experimental Eye Research”, vol. 17, August 2018, pp.
188-193.